venerdì 5 luglio 2013

Basta un poco di zucchero e la pillola va giù...


Il mio rapporto con la medicina alternativa è iniziato molto tempo fa.

Io sono cresciuta con i miei nonni, i quali, da buoni nonni, facevano largo uso di rimedi popolari (altresì detti “della nonna”, appunto). E’ impossibile dimenticare i litri di tisana alla malva o al finocchio che ho dovuto trangugiare da bambina e l’odore dell’aceto che mi veniva messo in fronte per abbassare la febbre. E non posso nemmeno dimenticare che per qualsivoglia problema il “met sü un po’ da grapa” (mettici un po’ di grappa) era d’obbligo. In pratica, dalle mie parti, era buona abitudine avere una bottiglia di grappa in casa, da usarsi all’occorrenza, proprio come se fosse un farmaco (digestivo, disinfettante, contro strappi o dolori muscolari, per le punture d’insetti).
Mia nonna, che era anche solita soffrire di torcicollo, artrite e altri disturbi di tipo muscolare, oltre a questi metodi casalinghi, si affidava di tanto in tanto a una sua amica, una di quelle che “metteva le mani”. In pratica “la guaritrice” sosteneva di avere un “dono” e di essere in grado di lenire il dolore appoggiando le mani sulla parte malata del “paziente”. Di queste “guaritrici” ce n’erano molte nei nostri paesi e tutti, più o meno, conoscevano almeno una persona dotata del “dono delle mani”. La cosa, naturalmente, suscitava in me bambina un grandissimo fascino, un’attrazione dovuta a quel non so che di magico e misterioso.
Ci tengo a precisare che questa sua amica non era né una maga, né una fattucchiera, né una Vanna Marchi d’altri tempi. Era semplicemente una signora come tante altre, una si metteva gratuitamente a disposizione degli altri perché, appunto, aveva questo “dono”.
Mia nonna era fermamente convita del funzionamento della terapia “delle mani”.
Possiamo definire i metodi della nonna “medicina alternativa”? O erano semplicemente superstizioni di paese?
Sta di fatto che, ad un certo punto, la medicina “tradizionale” è entrata come un treno diretto nelle nostre vite. E ha spazzato via tutto il resto, o quasi. Non so dirvi il perché o il percome (forse l’ho dimenticato), semplicemente è successo. Ad un certo punto il nostro armadietto dei farmaci ha iniziato ad essere fornito, poi fornitissimo e poi pieno zeppo di medicamenti di ogni genere e tipo. E il “met sü un po’ da grapa” è diventato “tò giü …” (prendi) questo, quello o quell’altro farmaco. Ricordo, ad esempio, che mio nonno era solito tenere nel taschino una scatolina di farmaci contro l’emicrania, che assumeva “preventivamente” al mal di testa.
Con questo non voglio dire che la cosa fosse di per sé un male. Credo però che le case farmaceutiche e il boom economico abbiano contribuito mica male a cambiare i nostri costumi, trasformando l’uso di farmaci da “solo in casi eccezionali” a “normale e quotidiano”. Ma non voglio entrare nel merito.

Da bambina soffrivo spesso di mal di stomaco. Era un dolore noioso e continuo, una specie di morsa che toglieva il respiro. E spesso questo dolore mi portava al vomito.
A niente servivano i litri di tisana al finocchio della nonna, a niente servivano le sue rassicurazioni.
Il pediatra, naturalmente, mi prescriveva dei farmaci che io prendevo minuziosamente e che di solito funzionavano discretamente bene, almeno per un certo periodo. Poi il dolore tornava, intenso e fastidioso come prima.
Mille esami del sangue, test allergici o quant’altro non bastarono a trovare una soluzione o a capire la causa del disturbo.
Così il pediatra, alla fine, mi ordinò di andare dal gastroenterologo a fare una bella gastroscopia. L’esame, ovviamente, fu un’esperienza tutt’altro che simpatica…. e il risultato fu un tantino strambo: in pratica non avevo niente che non andasse bene, tutto sembrava perfettamente in ordine. Secondo il pediatra, quindi, era bene continuare con la terapia “normale” (i farmaci, dunque) e punto…prima o poi sarebbe passato.
Mia nonna, però, non si diede per vinta e tramite amici, di amici, di amiche, venne a conoscenza di un pediatra un po’ particolare, uno che praticava anche la così detta “cromoterapia”. Quel pediatra era il Dr. Fausto Pagnamenta, diventato poi noto ai più grazie alla sua pubblicazione “ Cromoterapia per bambini”, tradotta anche in inglese con il titolo “Children in the light”.
Divenni così una piccola paziente del dottor Pagnamenta e il mio problema, nel giro di qualche mese, si risolse. Ad onor del vero, bisogna dire che il tutto fu combinato da delle sedute di riflessologia plantare fatte da un’amica di mia nonna.
Tutto ciò per dirvi, quindi, che la medicina alternativa ha trovato da quel dì un posto speciale nel mio cuore.
Negli anni, poi, ho fatto largo uso di farmaci, ovviamente. Un po’ come tutti, del resto.

Poi ho conosciuto il mio compagno, uno che dalla prima volta in cui lo vidi mi stupì con un “io non prendo farmaci”. E mi chiesi come fosse sopravvissuto fino a quel momento (c’è da dire che non è propriamente un fan della medicina complementare in generale, è piuttosto uno del “il cibo è medicina”, ma vabbé).

Oggi sono mamma e oltre a dover pensare per me, devo pensare anche al mio bambino, che ogni tanto (ogni tanto per modo di dire!) si ammala. E spesso mi ritrovo a dover fare affidamento ai pediatri che di alternativo non ha proprio un bel niente (diciamo che qui ci sono molti pediatri che sono anche omeopati, antroposofi e chi più ne ha…il problema è che hanno una lista d’attesa lunga chilometri e trovare un posto libero è un vero e proprio miraggio).
Spesso quindi, mi ritrovo nel dubbio più totale. Spesso mi trova spaccata a metà tra i due rovesci di quella medaglia che possiamo chiamare “voglio solo il bene per mio figlio”.
Ora, chiariamo una cosa, non è che io ce l’abbia con la medicina tradizionale. Vi ricordo che ho partorito con parto cesareo e che grazie alla medicina accademica sono ancora qui a tediarvi con le mie storie. Insomma, sono molto riconoscente. Però c’è un limite a tutte le cose, o no? Ci vorrebbe un giusto equilibrio, o no? Sono esagerata, o no?
Insomma, lo dico: non sopporto mica tanto, anzi proprio non sopporto, mi da i nervi e proprio non sopporto (si è capito, no?) l’atteggiamento di alcuni medici che agiscono come “prescrittori di farmaci”. Questo approccio da “prendi la medicina che ti passa sicuro se non ti passa allora cambi”amo farmaco che poi ti passa". Il fatto che ancora oggi, la stragrande maggioranza dei medici ragioni così, mi lascia sinceramente basita. E oltre a lasciarmi basita, mi fa cadere le braccia e mi fa stare tutto fuorché tranquilla. E a dir la verità mi fa anche incazzare, molto. Perché sono così inviperita?
Prima di tutto perché ho avuto uno scontro frontale con il mio medico. Non vi sto a raccontare tutta la storia, mi basti dirvi che ultimamente ho manifestato un umore un po’ ballerino, un po’ troppo ballerino, per i miei gusti. Vado quindi dal medico e gli racconto che il mio umore è un pochino instabile, che a volte mi sento stressata e un po’ giù di corda. Ora, perché sono andata del medico a raccontare il mio stato umorale? Perché da quando ho partorito, soffro di tiroidismo di Hashimoto, patologia per la quale prendo dei farmaci, ovviamente, e malattia che può causare sbalzi d’umore di varia natura. Per questo volevo essere sicura che la mia tiroide non fosse impazzita nuovamente e non fosse responsabile del mio umore nero.
Lui mi dice una roba tipo “facciamo gli esami e poi, se tutto dovesse essere a posto, iniziamo subito con la terapia. Antidepressiva”.
Antidepressiva. Avete capito bene. E io non sono depressa, ve lo assicuro. Era pronto a prescrivermi un antidepressivo, così, giusto perché gli ho detto che sono un po’ giù, giusto per non sapere né leggere né scrivere. Gli ho ricordato che sono in allattamento e lui, a malincuore, ha dovuto rinunciare alla sua prescrizione.

Ora, io vi assicuro che non gli ho mica detto che mi volevo buttare dal balcone, che avevo intenzione di ammazzare qualcuno o che non vendevo la luce in fondo al tunnel. Anzi, alle sue domande “fa fatica a dormire” ho risposto “sì, il mio bambino fa fatica a dormire, io mi addormenterei anche su un mucchio di letame” e “ha appetito?” ho risposto “mangio come mordicchio di Futurama”. Giusto per chiarire. Gli ho veramente solo detto che sono un tantinello di cattivo umore, niente di più; e che volevo essere sicura che non ci fossero “cause organiche” per il mio malumore.
E così ho capito perché le farmacie vendono tanti psicofarmaci, vista la facilità con cui vengono prescritti. E così ho capito (lo sapevo, già, mi è stato solo confermato) che viviamo in un mondo veramente, veramente malato e che ci vorrebbe altro che uno psicofarmaco per farlo guarire. Poveri noi.

Insomma il problema ora è: come faccio io a difendere mio figlio da questo approccio?
Credetemi, è talmente difficile con i bambini! Ed è talmente facile vendere un farmaco facendo breccia sul cuore preoccupato di un genitore!
E di quanti farmaci sono imbottiti i nostri figli (per non dire tutti noi)? E con quali conseguenze? E quali sono le conseguenze del non usare farmaci sui nostri bambini? E che fine ha fatto l’aceto da mettere in fronte per abbassare la febbre? E cosa c'è tra lo psicofarmaco del mio medico e l'imposizione delle mani della "sciura dal me paes?" (signora del mio paese, per capirci).
Voi come la vedete?

Io nel frattempo la vedo un po’ come mia nonna. Quindi sto navigando per altri lidi… per i quali però ci vuole un altro post.
Nel frattempo riflettiamo.

7 commenti:

  1. Come al solito mi sento sempre sulla tua stessa linea d'onda.
    Io mi affido all'omeopatia, ma cerco anche tanti rimedi della nonna. Della mia nonna, perchè la nonna dei nani, alias mia mamma, mi fa sentire un mostro perchè do la tachipirina solo se la febbre supera i 38.5º
    A me fa impressioni quanti farmaci per la cattiva digestioni ci sono in commercio. E invece, perchè non fare più lezioni di alimentazione sana?
    Uh, potrei scrivere davvero per ore su quete cose...quand'è che ci vediamo per un caffè, mi sa che andremmo parecchio d'accordo!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bella, sfondi una porta aperta...l'alimenazione è decisamente la base (come anche l'attività fisica). Bisogna organizzarci per il caffé. Uffa, ma perché non venite in Svizzera invece che in Francia! Solo perché non abbiamo il mare...

      Elimina
  2. Anche io sono con te al 100%, un altro post che sembra avermi letto nel pensiero! Stando all'estero mi mancano i punti di riferimento, l'erboristeria dove vado da anni e dove ti danno tutti i consigli sulle tisane, l'omeopata di fiducia, il medico di base che però è anche agopuntore e esperto di medicina tradizionale cinese...e con un bimbo/a in arrivo mi chiedo spesso se cederò a antibiotici&co. o se riuscirò ad andare controcorrente...dai resisti! E scrivi al + presto il prossimo post :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vedrai che ci riuscirai, ad andare contro corrente. Per carità, sarà dura. Ma quando si è convinti, allora ce la si fa! Il prossimo post sulle terapie alternative sta arrivando. Nel frattempo volevo un po' parlare del pediatra :-) Un caro saluto...e come va la pancina?

      Elimina
  3. La pancina cresce...e da ieri sappiamo che è femmina. E domani partiamo per due settimane in Italia, che saranno l'unica e ultima trasferta europea prima della nascita. Così ne approfitto per procurarmi un po' di libri che hai consigliato - ho risaccheggiato tutto il tuo blog prendendo appunti :-) Grazie per i consigli davvero! Baci.

    RispondiElimina
  4. allora cara, per il tiroidismo ti do la mia cura: yoga e la posizione della candela, quella che ci facevano fare anche a scuola. Nel mio corso ci sono donne...ehm....di una certa età e funziona davvero.

    Io aspetto il giorno in cui un medico dica "le prescrivo yoga, riposo e alimentazione a base di verdure"...seh come no, crollo dell'industria farmaceutica dall'oggi al domani.

    Poi sai che qua in Spagna i genitori che hanno figli con Deficit di attenzione e iperattività ricevono dei soldi? Certo perché è considerata un handicap! Prendono 200€ al mese dallo Stato per medicare i loro figli e tenerli buoni..è un vero scandalo, quando questi bambini non sono iperattivi ma solo bambini normali che non possono stare in classe seduti mille ore, Marc sarebbe uno di loro sicuramente!

    Quindi adesso approfitta del bel tempo e vedrai che non avrai bisogno dei farmaci

    RispondiElimina
    Risposte
    1. cacchio! Questo sì che è un consiglio...adesso ci provo davvero. Anzi, ho pesato di mettermi proprio a fare yoga. L'ho praticato durante la gravidanza, ma poi dopo il parto ho smesso...dicendomi "appena ho un po' di tempo riprendo". Mi sa che è giunta l'ora. Un besito e grazie :-)

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...