martedì 21 ottobre 2014

Il buongiorno si vede dal mattino. L'inizio giornata di una mamma qualunque

Ci sono alcuni blog dove la vita sembra fatta di marzapane e marshmallows.  

Che invidia mi fanno. Mi fanno invidia, anche se so benissimo che è tutta un’illusione, che è tutta roba finta. A volte è bello, nonostante l’invidia (positiva, eh!), mettersi questi occhialoni rosa e guardare il mondo con le lenti graduate al lecca lecca.
E poi mi tira su di morale, soprattutto in giornate come questa. Giornate che iniziano con il botto, giornate sul genere “nononcelapossopropriofare”. Mattinate che ti mettono di spietatamente di fronte al lato oscuro della tua vita da mamma. Son cose belle.

immagine presa da internet
Ore 5.45 il bebito chiama incessantemente mamma dalla sua camera. Il papà, nonché mio marito, mi sveglia dal torpore e mi ricorda le mie responsabilità:  “amore, guarda che ti chiama”
“ah” dico io. E mi alzo.

“Vuole latte” dice il più piccolo dei tre. Va bene. Vado in cucina, prendo il latte e glielo porto.
“Vuole papà mamma” che in lingua bebitica significa “voglio venire nel vostro letto”.
Va bene. Lo prendo in braccio, mi trascino fino alla nostra camera, lo adagio in mezzo al letto.
Mi si arrotola addosso come un gattino e poi sembra addormentarsi. Che tenero, penso io, e mi rimetto a dormire.

Ore 6.00
“Vuole secca” che in lingua bebitica vuole dire “voglio la frutta secca”.


No, non va bene. Voglio dire, ma come ti viene in mente di voler mangiare frutta secca alle sei del mattino? Ma perché?
“No, amore, non vedi che è ancora notte? Non è un buon momento per mangiare frutta secca”.
“Nooooooooooooooo! Vuole seccaaaaaa”
“Amore mio, tutto il palazzo sta ancora dormendo, tuo padre sta dormendo, io gradirei dormire ancora giusto quell’oretta di grazia. Ti prego, la frutta secca te la do dopo”.

“Mmm” sembra convincersi. Si adagia sul cuscino, chiude gli occhietti. E’ fatta, penso io, e mi tiro il piumone fin sopra le orecchie.
E così proprio mentre stai per cadere nel migliore dei sonni…
“Mammaaaaaaa" dimmi amore mio "vuole secca".
“No, amore la frutta secca non te la do! E che caspita, sono le sei del mattino, ti prego!”
Nel frattempo mio marito finge di dormire.

Il bebito inizia a tirare calci, a tentare di graffiarmi e tirarmi i capelli. A questo punto sono incazzata come una iena. Son le sei e dieci e già sono incazzata.
“Fai come ti pare, io me vado a dormire sul divano!”.
Mi alzo a velocità supersonica, mi tiro a dietro il cuscino e vado sul divano. La sveglia suonerà alle sette, non mi farai perdere questi preziosissimi 45 minuti di sonno.
Arrivata sul divano, mi accomodo sotto la copertina di lana. Le speranze di dormire son poche, ma si sa che son sempre le ultime a morire.
“Mammmaaaaaa! Dov’è mammaaa” grida il bebito, mentre sento i suoi passettini veloci sul parquet.
Ed eccolo che arriva, salta sul divano e mi si accoccola a fianco.
“Puoi stare qui, basta che dormi”.
“Mmm” dice lui
“ Vuole secca”

E a questo punto cedo. Non so se sia giusto o sbagliato. So che sono le sei e un quarto e ho sonno.
“Basta, ho capito! Mi alzo e te la do questa caspita di frutta secca!”
Lui saltella allegro verso la cucina, io, oramai, preparo la colazione.
 
immagine presa da internet
Il papà si alza, prendiamo il caffè, facciam due chiacchiere, si prepara si veste, esce per andare al lavoro.
“Bene” dico al bebito che sta serenamente mangiando uva passa “ adesso ci prepariamo per andare all’asilo”. Tutto sembra tranquillo.
Cambio pannolino, vestizione completa, preparazione zainetto, lavaggio denti. Tutto sotto controllo.

“Vuole TV, poca eh!”
Vada per i cartoni, così almeno mi faccio una doccia in pace.

Mi lavo, mi vesto, mi trucco. Son pronta.
“Amore, adesso basta TV, mettiamo i Regenhosen  e andiamo”


I Regenhosen sono un accessorio indispensabile per l’asilo nel bosco, senza Regenhosen non si può fare. Di solito sono accompagnati dalla Regenjacke.

“No, mamma! Non piove”
“Ha piovuto tutta la notte, amore mio, il bosco è tutto bagnato. Bisogna mettere i Regenhosen”.
“No, no, no!”
“Si, si, si!”
E parto con tutta la filippica del perché bisogna andare all’asilo, perché bisogna mettersi i Regenhosen e la Regenjacke, anche se non piove. La butto sul gioco educativo “dai, mettiamo i pantaloni al contrario, che ridere!” oppure “ohhhhh! Allora me li metto io?”. E via di animazione.

“Noooooooo, noooo e noooooo” e inizia a correre per casa
E io inizio a rincorrerlo. Lo acchiappo, tento di infilargli i pantaloni. Lui sguscia, si dimena, scalcia. Io inizio a guardare l’orologio. Sai com’è…ho anche un lavoro e un cartellino da timbrare.
A questo punto lui non vuole più andare all’asilo, non vuole più mettersi i pantaloni, non vuole più. Tenta di nascondersi dietro alle tende. Senza successo, ovviamente.


Così partono tutte quelle assurdità che ogni genitore dice, ben sapendo che è la cosa più diseducativa e poco funzionale del mondo. Cose tipo “vabbé, io adesso me ne vado e ti lascio qui in casa da solo” (ah, ah, ah, come no!). Oppure “se non la smetti di fare così niente più frutta secca” (si, bé certo ci crediamo).

Niente sembra funzionare. Niente di niente. Nemmeno la mia finta dipartita giù per le scale. Niente.
E allora si ricomincia la corsa: lui scappa in camera sua, io lo inseguo. Cedo di nuovo: va bene non mettiamo i Regenhosen, ma adesso andiamo che la mamma deve andare al lavoro.
“No, non vuole” e scappa.
E allora sbrocco. E urlo come una pazza isterica cose tipo “adesso-mi-sono-rotta-andiamo-all’asilo-e-basta”. E grido così forte che poi mi gratta la gola e mi viene anche un po’ da piangere.
Lui non molla.

L’unica cosa che lo convince (tra le lacrime, le urla e pianti) è la minaccia di non portarlo a mangiare da una coppia di nostri amici (coppia di amici che lui adora e cena, per altro, già organizzata da un po’…mi vedo bene a chiamare per dire “hei, guarda stasera non veniamo. No, è che non voleva mettersi i pantaloni”).
Per lui questa è una minaccia estrema, tant’è che a che si fa mettere anche i Regenhosen.
Da casa mia all’asilo ci sono dieci minuti a piedi. Giunti al bosco bisogna percorrere una scalinata di legno. Tra le foglie cadute, i gradini bagnati e la mia aria sconvolta, scivolo. Il bebito riesce a reggersi, io finisco con il ginocchio per terra. Niente di grave, andiamo avanti che devo andare al lavoro.
immagine presa da internet
Ovviamente appena lui arriva nel bosco e vede gli altri bimbi ,tutti intenti a rotolarsi nel fango, mi molla la mano e parte a corsa. Ciao, amore mio. Buona giornata, eh!

Risalgo la scalinata. A metà mi devo fermare a riprendere fiato.  Ce la posso fare, se ci do dentro non arrivo nemmeno in ritardo.
Vado al parcheggio delle bici, inforco il bolide e parto verso l’ufficio. Sono dieci minuti di bici, tutti in salita. Ma, lo sport fa bene. Eh!

A metà della salita, e quando mi rendo conto che più agile di così non si può andare, mi viene un po’ di sconforto. Avrei voglia di girare la bici e correre in discesa, con il vento tra i capelli, senza meta. Avrei voglia di non fare tutta questa fatica.
Avrei voglia di essere una madre migliore, una persona migliore, una che sa sempre cosa fare o cosa dire. Avrei voglia di non farmi assalire da tutta questa malinconia.
Avrei voglia di un paio di rapporti ancora più agili, su questa caspita di biciletta. Solo che non funziona così. Ti devi arrangiare con la bici che hai.
E allora pedalo, che la salita è ancora lunga. Stringo i denti e vado avanti. E penso che senza salita, non ci sarebbero né la discesa, né la pianura. E che tutto sarebbe un gran piattume.
E che la malinconia fa parte della vita.
E che la storia di essere felici sempre, è una cazzata inventata nei nostri tempi.
E che alla fine ho solo dieci minuti di ritardo.

Chiudo la bici, entro in ufficio, timbro il cartellino.
Bene. Un’altra giornata è iniziata.

La Tremola

mercoledì 8 ottobre 2014

Love Boat: la mia prima (e ultima?) esperienza in crociera

Pensavate mi fossi persa nei meandri del mare, eh? E invece no! Rieccomi: influenzata, vagamente lunatica, un po' stanca (che di rientro dalle vacanze è normale, no?). Insomma, tutto come prima. A parte l'influenza che, devo dirlo, è la prima dell'anno. Bene.

Qualcuna mi ha chiesto dove fossi andata, argomento sul quale io avevo intenzione di glissare bellamente. E invece faccio outing: ebbene sì, sono stata in crociera.
Tananana! Vabbé, dai, si era capito.

Premetto che io e l'amica mia, ci siamo sempre concesse (di tanto in tanto) qualche vacanzina tra ragazze. Da quando è arrivato il bebito, lui si è aggiunto alle ragazze. L'anno scorso, ad esempio siamo state qui.
Quest'anno, causa impegni che non vi sto a dire, ci siamo messe d'accordo per una vacanzina tra girls alla fine di settembre. Ora, io cercavo qualcosa di economico e possibilmente baby friendly, lei qualcosa di interessante da visitare. E così tra le varie possibilità ci è venuta fuori questa pazza idea della crociera. Sì, siam pazze.

Dovete sapere che qui, in terra svizzerotedesca, le crociere sono cose esclusivamente riservate agli anziani. Agli anziani che amano le "club Ferien" (ovvero le vacanze al villaggio), per giunta.  Quindi non è che io abbia fatto una grande réclame del fatto che stessi per partir per mare. Sapete com'è.

Ora, vi assicuro che io non è che sia proprio il tipo da vacanze al villaggio. Ho fatto più o meno di tutto: dalle vacanze on the road nei peggiori motel del Massachusetts, al campeggio selvaggio, alle vacanze WOOF (figata! Fatele!) a quelle "nonhounsoldoiosperiamochemelacavo". La vacanza veramente trash, però, dico la verità mi mancava...In più l'idea di fare una settimana rilassante, trovare tutto pronto pronto e visitare ogni giorno una città diversa...mi sembrava buona e divertente.

Questa settimana sulla Costa Mediterranea, giuro, è stata assurdamente fenomenale. Non perché, ci sia piaciuta da morire, ma piuttosto perché siamo venute a conoscenza di cose delle quali nemmeno immaginavamo l'esistenza. O meglio, l'immaginavamo, ma non pensavamo fossero reali.
Mi permetto di procedere per punti.

1) Se non son grosse, non le vogliamo.

Che le navi da crociera fossero ENORMI è cosa risaputa. Basti pensare al gigante relitto della sfortunata Costa Concordia. Ricordo, tra l'altro, che anni fa vidi delle navi da crociera entrare nella laguna di Venezia e mi cadde la mascella. Insomma, cose che si sanno.

Quando sei dentro, quindi, orientarti è il primo del problemi. E per due come noi, che hanno il senso dell'orientamento di un valligiano ubriaco e l'esperienza di navi pari a quella di due svizzere, la cosa ha presentato qualche piccolo problemino.
Immaginatevi questi tre (che siamo noi tre) che pigiano nevroticamente tutti i bottoni dell'ascensore (12, per l'esattezza...no, dico 12 bottoni!), chi per capire "dove stiamo andando e cosa stiamo facendo" e chi per diletto (i bottoni dell'ascensore si son trasformati ben presto nell'hobby preferito del più piccolo del trio) per poi renderci tutti conto di essere sull'ascensore sbagliato. E chiedere informazioni tipo "scusi ma mi sa dire perché non trovo l'uscita, se qui c'è scritto che l'uscita è al ponte due e io sono al ponte due" "Perché l'uscita è a poppa e qui siamo a prua". Ah va bene, per poi guardarci con aria sperduta.
Abbiamo passato i primi due giorni, così: a capire dove caspita ci trovassimo e soprattutto a quale scopo. Spesso senza successo. Durante il pranzo del giorno due, la mia amica ha mangiato dadini di pomodoro, semplicemente perché si è persa al ponte 9, alla ricerca del buffet.
Ci siamo ripetute come un mantra quotidiano "Ok, ricapitoliamo: la poppa è quella dietro, la prua è quella davanti, dai cazzo, non è difficile! Ce la possiamo fare! Quindi da che parte dobbiamo andare?". E il bebito schiacciava i bottoni. Dopo una settimana la mia amica continuava a sostenere che la nave ogni tanto mettesse la retro.

2) Quanto mi piace il Kitsch

La piscina Cadmo. Almeno così mi pare
Anche il fatto che le navi da crociera fossero kitsch è cosa piuttosto risaputa. Certo nessuno si aspettava che fossero COSÌ kitsch. Colonne di plastica a perdita d'occhio, polipi scintillanti che escono dalle pareti, sale in stile simil egizio con tanto di bassorilievi con la faccia di Tutankhamon. E poi manichini vestiti da arlecchino e pulcinella, lampadari infinitamente rococò e finte statue greche. E poi Moquette. Tanta Moquette. Tutta la Moquette che riuscite ad immaginare. Moquette.
Ora, io voglio dire, nessuno pretende che si prendano i mobili di Le Corbusier per arredare le navi. Però, dai. Anche un po' meno andava bene.
Che poi, devo dire la vera verità, a me le navi han sempre fatto un po' impressione. Non so spiegare veramente perché. E' che mi danno l'idea di essere così...metalliche. Mi è capitato più volte nella vita di dover prendere dei traghetti, anche per viaggi lunghi. Traghetti spartani, niente tende in broccato, per intenderci. E mi ricordo un dedalo di porte, porticine, graticce e scalette in metallo. Tutti inaccessibili e misteriosi e, durante la notte, a tratti, anche un po' spaventosi.
Ecco le navi da crociera all'apparenza non sono così. Solo all'apparenza però. E' sufficiente essere abbastanza veloci da spiare una porta misteriosa che si apre, sfigurando su di una parete la faccia del Bacco di Caravaggio, per vedere che anche qui ci sono un sacco di porte metalliche. E' che ci hanno appiccicato sopra le colonne di plastica.

L'atrio. Quanta divina sobrietà

3) Love Boat


Una delle cose impressionanti delle navi da crociera è che c'è chi ci crede veramente. Cioè ci son quelli che son veramente convinti di essere su Love Boat. E loro, bisogna dirlo, si divertono un sacco.
Ci son quelle che sfoggiano vestiti che manco sul tappeto rosso a Cannes (e che poi si ritrovano sedute al bar a fianco ad un olandese in ciabatte), quelli che si fan fare il servizio fotografico dal fotografo di bordo e quelli che si spintonano per fare una foto al comandante. Io li ho visti davvero. E poi ci sono tutti i riti del caso, tipo far girare i tovaglioli sopra la testa quando parte la Traviata durante la cena (perché, gggiuro, son cose che succedono). Sulle note di "Tu vo fa l'americano" ho visto il trenino più lungo, che manco nei capodanni più trash della storia. Son cose vere, non vi sto prendendo in giro.
E poi, la domanda di rito sulla nave, è "quante crociere avete già fatto?". Perché il crocierista non è un vacanziere qualunque. Il crocierista è un crocierista. Ho sentito di gente che era alla ventesima crociera. No, non scherzo. C'è il crocierista critico ("la Costa Favolosa è tutta un'altra cosa"), il crocierista affezionato ("noi è la quinta crociera, tutte su questa nave), il crociersita spia-della-concorrenza ("shhh, io son sempre andato con la MSC, volevo vedere come era qui. Meglio di là), il crocierista-io-che-ci-faccio-qui ("ma, guardi è mia moglie che mi trascina. Io non ci verrei. Son pure in marina.") e il crocierista entusiasta ("si, noi son 10 anni con la Costa e ci siam sempre trovati benissimo. No, noi ai porti non scendiamo quasi mai"). E tutto questo crocierismo è contagioso, tant'è che ho sentito la mia amica dire cose tipo "la prossima volta però dobbiamo...". Per poi ripigliarsi subito dopo.

4) Magna che ti passa


Quando siam partite, tutto ci si aspettava fuorché di mangiar bene. Una cucina che sforna duemilaseicentoottanta coperti, non può essere efficiente. E invece, ve lo dico, si è mangiato da dio. Quanti aiutanti di babbo Natale siano nascosti nelle cucine non ci è dato sapere, sta di fatto che era tutto molto buono. Ma soprattutto era tutto molto. Ma molto, molto. Troppo. Insomma si magnava a nastro continuo. Con gli infiniti sprechi del caso. In fondo, come diceva la vecchia canzone, è Natale tutti i giorni o non è Natale mai.

5) Bambini, chi?

Il bebito e l'amica mia nei pressi dell'ascensore...

Come vi dicevo sopra, io ero alla ricerca di una vacanza baby friendly. Ecco, se era per questo ho toppato in pieno. Sappiate che i bambini piccoli sono accetti sulle navi da crociera come i topi sulle navi vichinghe. A partire dai tre anni, però, cambia tutto. Anche perché da quell'età li potrete scaricare al baby club dalle 9.00 alle 23.30, così almeno non daranno noia a nessuno e voi potrete finalmente rilassarvi. Perché si sa, i bambini sono una vera rottura di palle, no?  Sappiate anche che il baby club è una specie di scantinato kitsch (ma pensa un po') con schermo gigante e pista da ballo, in balia di animatori in camicia hawaiana e dall'aria un tantino "high" (come direbbero gli anglosassoni). Naturalmente lo scantinato è accessibile anche ai bambini più piccini, perché (hahaha nota polemica) presente un "parco giochi". Il parco giochi consiste in una quantità di giocattoli in plastica ed è comunque accessibile tipo dalle 9.00 alle 10.00 e dalle 18.00 alle 20.00. Per fortuna il bebito ha visitato ogni angolo delle città dove abbiamo attraccato e non ne ha avuto nessun bisogno. Ma ammetto che questa roba mi ha dato un bel po' su i nervi... come anche il fatto che ci fossero avvisi in ogni dove sui generis "per la tranquillità degli ospiti vi invitiamo a tenere sotto controllo i vostri bambini e a non farli correre sui ponti e sulle piste da ballo". Oppure "per la tranquillità degli ospiti i bambini possono fare il bagno solo nella piscina al ponte 11". Alta circa 10 centimetri e messa giusto nel luogo più ventoso della nave. Per non parlare poi del fatto che nei bagni della nave non ci fossero i fasciatoi. Che per me, abituata agli standard bernesi, pare pura fantascienza. Ma va bene. Evidentemente su Love Boat i bambini si fanno, non si portano.
(Mi permetto una piccola nota polemica. Anzi, mi permetto un po' di stronzaggine, visto che questo è il mio blog. Io lo capisco che uno si voglia rilassare un po' senza figli e che quindi di tanto in tanto parta lo sbolognamento al baby club. Ma vedere famiglie che mollano i pargoli full time nello scantinato, mi riempie di infinita tristezza. Se aggiungiamo poi il fatto che, spesso, questi genitori sono lavoratori e che quindi già durante l'anno non è che passino molto tempo con i loro figli...mi riempie di infinita e doppia tristezza. Che bello andare in vacanza con i bambini e non nonostante i bambini!).

6) Every day is Monday

 Altra nota decisamente dolente della crociera è il suo personale. Non perché sia maleducato o scorbutico, semplicemente perché è composto per la stragrande maggioranza da quasi-schiavi. La quasi totalità del personale è filippino, cinese, indiano, brasiliano... Parlo, ovviamente, del personale di servizio. Tutti sanno, più o meno inglese e tutti sono, più o meno, ignorati dal crocierista medio. Sono come tante piccole formiche che lavorano e lavorano. Perché se vi dovesse capitare di fare quest'esperienza e vi dovesse capitare di parlare per un tempo sufficientemene lungo con uno di loro (a volte fino a quando non arriverà un suo diretto superiore che con aria truce gli intimerà a muovere il fondoschiena) scoprirete che per loro ogni giorno è lunedì. Perché questi membri dell'equipaggio lavorano tutti i giorni, 11 ore al giorno, per 8 mesi. Senza mai un giorno intero di libero. Mai. E se gli chiedete come fanno, loro vi risponderanno che non è un problema. Sono abituati.
Mi sono un pochino documentata su questo argomento, di ritorno sulla terraferma. Dopo il naufragio della Concordia qualcuno ha parlato di questo argomento. Poi, evidentemente, i riflettori si sono spenti.

Detto ciò, ci tengo comunque a dirvi che lo svegliarsi ogni mattina in un luogo diverso è piuttosto attraente. E che noi siamo stati sulla terra ferma per tutto il tempo che ci è stato concesso, vedendo posti meravigliosi. E dondolando continuamente (almeno io, che ho sofferto di "mal de debarquement" o mal di terra, per diverse ore dopo ogni sbarco).
Ad esempio Napoli. L'ho rivisita, magnifica, in tutte le sue contraddizioni. O Marsiglia, di un fascino inaspettato.
Per le vie di Marsiglia

E poi c'è da dire che lo star per mare ha di per sé un grande charme. Le nuvole, quando sei lì in mezzo, sembrano fumo e tutto quel blu ha un'incantevole e poetica profondità.
E poi osservare tutto dall'alto: il volo degli uccelli e le altre navi al porto che sembrano piccine, piccine.

E quell'aria appiccicaticcia, la pelle che sa di sale.

Per la cronaca il bebito, nonostante tutte le restrizioni, si è divertito da pazzi. Tant'è che ora me lo ritrovo spesso seduto dentro al catino dei panni a "guidare la nave".

E ora vi lascio con questa. Lo so che la stavate aspettando.

p.s. ma la Love Boat, quanto era piccola? Cos'era un motoscafo??
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